Quasi certamente (se non si tratta poi di noi in prima persona) tutti noi annoveriamo, fra le nostre conoscenze o amicizie, un esperto o per lo meno entusiasta di bricolage: dove per noi il minimo lavoretto in casa è una seccatura, per lui è un divertimento, e si equipaggia costantemente con macchinari e attrezzi d’aspetto e funzione un po’ avvolti nel mistero. Ma se noi non abbiamo tale passione, avremo comunque, una volta o l’altra, dovuto piegarci alla esigenza di riparare magari un mobiletto, di fissare un pezzo staccato come un’antina: e in quell’occasione avremo sicuramente adoperato uno strumento comunissimo, la vite.
Se però per noi una vite altro non è che un piccolo pezzo di metallo filettato che usiamo per legare due pezzi separati stringendolo con un cacciavite, per l’esperto amico di cui parlavamo adesso non è che uno fra i tanti esemplari di viteria speciale che vengono prodotti per gli scopi e le funzioni più diverse, e che hanno caratteristiche diversissime e specifiche. Entriamo insieme in questo mondo complesso.
Possiamo utilmente iniziare la nostra analisi ragionando sul materiale di cui le viti sono composte. Tutti noi abbiamo familiarità con le comuni viti in acciaio, le più diffuse sul mercato: ma si tratta solo di una delle possibili varietà, la più generica naturalmente ma proprio per questo inadatta a particolari tipi di lavoro. Proviamo infatti, ad esempio, a fare l’ipotesi che il lavoro che stiamo effettuando sia destinato alla fine ad essere poi esposto a rischi di corrosione – pensiamo ad un mobiletto per il bagno, o peggio ancora da esterno, esposto regolarmente all’umidità; ecco che diventa evidente che la vite d’acciaio non è più la scelta migliore, e se chiederemo ad un esperto di bricolage questi ci consiglierà di passare ad un esemplare di un altro metallo, che sia ottone, rame, bronzo, o perfino nickel.
Se vogliamo, d’altro canto, possiamo invece classificare le viti in famiglie secondo un altro grande criterio: quello del materiale non delle viti stesse, ma dei pezzi che dovranno trattenere uniti fra di loro una volta montate. Ancora una volta, il caso più generale con il quale avremo probabilmente avuto a che fare è quello delle viti da legno, ma esiste anche una gamma vastissima di viti da metallo con caratteristiche specifiche; sono appunto, di norma, autofilettanti, e quindi non hanno necessità di forature preliminari con trapano o succhiello, perché scavano il proprio percorso mano a mano che vengono avvitate, aggrappandosi al materiale dei pezzi stessi. Dovendo bucare non la grana del legno, ma una lastra di metallo, queste viti sono pressochè esclusivamente realizzate in acciaio duro; ciononostante, per proteggerle dalla possibilità di corrosione (che sarebbe ben più grave che nel caso del legno, dato che in questo caso potrebbe espandersi dalle viti ai pezzi stessi, in quanto metallici) esse vengono d’abitudine arricchite con un procedimento di zincatura o nichelatura, che le protegga dalla corrosione.
Oltre a queste due, possiamo fare un’enorme quantità di altre classificazioni, tutte ragionevoli. La testa delle viti, ad esempio, può essere piatta, o invece tonda, o se ci occorre portarla a filo con un pannello senza che sporga, svasata; sulla testa l’invito per il cacciavite può essere a taglio o a croce (oggi più consueto per accogliere gli avvitatori automatici) oppure può esserci un alloggiamento esagonale per una brugola; con viti speciali, come quelle da specchio o quelle a doppia filettatura, quel che è certo è che per qualunque lavoro esiste una vite perfetta!